1. A01. Unità di Comprensione del testo - leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande:
Immagine familiare di guerra
Mia madre scende dal marciapiedi con la minore delle mie sorelle. Sta per attraversare la piazza del Popolo, ha una borsa sotto il braccio, un cappotto scuro di taglio militare. È robusta, solida, irriconoscibile rispetto alla piccola gracile donna della mia infanzia, e all’anziana signora di dopo la pensione, tutta nervi, impalpabile quasi nella sensibilità che la fa sussultare ad ogni rumore.
Qui il volto è teso, duro, pieno d’ombre; dietro affissa al muro, una striscia di carta, la pubblicità d’un giornale: Secolo XIX. Con la tensione cupa di mia madre, contrasta la figuretta di mia sorella appena treenne, con un cappottino di pelliccia di gatto e un cappuccetto che la fa assomigliare a un folletto di bosco; è biondina e trotterellante, per mano a mia madre, ma un passo dietro, quasi trainata su una strada che sembra percorra malvolentieri. Forse vorrebbe andare al Pincio o a Villa Borghese, a giocare, non sa che non si gioca, che è pericoloso anche andare in strada, non sa che una schiera di quegli uomini vestiti di verde che parlano una lingua sconosciuta potrebbero bloccare all’improvviso le strade e urlare e caricare tutti su un camion, colpendo gli attardati con il calcio del fucile. Ha grandi occhi ingenui; non ha mai veduto, e forse non vedrà mai, la foto di un altro bambino, ebreo, con le mani alzate e i neri occhi sgranati davanti al mitra di uno di quegli uomini con l’elmetto in testa e una smorfia di belva tranquilla in viso. La stretta di mia madre la guida verso la casa, la penombra, la sicurezza, non verso i giochi pericolosi del sole e dei bambini. Mia madre la protegge con un’espressione in volto di concentrato timore rovesciato in decisione.
Chissà se quegli anni rivivono nella mente delle mie sorelle, o sono passati come un sogno nella loro lieve coscienza. Non hanno ricevuto danni personali dalla guerra, forse essa è passata come una nuvola nera, come uno scoppio di tuoni sulle loro testoline di creature.
Mia madre invece la guerra l’ha passata tutta combattendo nella sua trincea, prima nelle cantine - rifugio, poi correndo agli allarmi aerei con tutti noi verso il tunnel della Roma-Nord, poi partendo per il suo lavoro di maestra alle sei del mattino alla volta di Sant’Oreste, per cinque ore di lezione nelle gelide aule del palazzo del Vignola, pranzo portato in borsa e una minestra calda nell’Osteria degli Scarponi, poi due ore di attesa nel fumo dell’osteria o nella tramontana della valle del Tevere, la corriera, il ritorno in treno alle quindici e trenta, a Roma, e ancora a fare la misera spesa per la cena, e l’oscuramento, la breve notte, e alle sei del mattino di nuovo in piedi. Stremata, s’era infine stabilita con la minore delle sorelle a Sant’Oreste, mentre la maggiore era presso gli zii.
Quegli anni senza requie, con poco denaro e pochi cibi, di corse, di patemi, di orrori visti o risaputi, avrebbero potuto spezzarla, con quell’accenno di male ai polmoni che aveva avuto da giovane, e invece la fecero rifiorire, senza la grazia dei fiori, ma con la durezza dei cardi.
Non so dove fossi io, al tempo della foto, forse in montagna, forse chiuso in qualche casa, o forse libero e guardingo come un gatto selvatico. Mio padre era sempre in viaggio, con i suoi trasporti, e una volta gli mitragliarono anche il camion che s’incendiò e lui si salvò buttandosi in un prato. Portava sempre qualcosa del carico: lo pagavano in natura; una volta un prosciutto, che lui tagliava a tavola tenendolo come un violino, una volta una latta piena di miele, un’altra volta cinquanta bottiglie di cognac che mettemmo sotto la mia branda, e bevevamo a tavola come vino, senza ubriacarci, malgrado pochi bocconi che mandavamo giù.
La guerra ci ha torturato lentamente, ma non ci ha colpito come tanti altri. Siamo sempre riusciti a scampare, a sopravvivere. Ne è segno, non eroico, non funebre o epico, non disperato, ma aspramente prosaico, quotidianamente ribattuto nel ferro di una resistenza isolata, questa foto con la mia piccola sorella che mi sembra addolcire il buio dei volti dei passanti e le labbra tirate di mia madre, mentre un fotografo ambulante, un eroe anche lui della giornata sottratta alla fame e alla morte, inquadrava nel pacifico mirino della sua macchina un autentico e per me rivelatore documento di guerra.
La parola “Qui” (evidenziata nel testo) significa ?
in questa situazione
2. A02. Riguarda un estratto del brano appena letto :
Qui il volto è teso, duro, pieno d’ombre; dietro affissa al muro, una striscia di carta, la pubblicità d’un giornale: Secolo XIX. Con la tensione cupa di mia madre, contrasta la figuretta di mia sorella appena treenne, con un cappottino di pelliccia di gatto e un cappuccetto che la fa assomigliare a un folletto di bosco; è biondina e trotterellante, per mano a mia madre, ma un passo dietro, quasi trainata su una strada che sembra percorra malvolentieri. Forse vorrebbe andare al Pincio o a Villa Borghese, a giocare, non sa che non si gioca, che è pericoloso anche andare in strada, non sa che una schiera di quegli uomini vestiti di verde che parlano una lingua sconosciuta potrebbero bloccare all’improvviso le strade e urlare e caricare tutti su un camion, colpendo gli attardati con il calcio del fucile. Ha grandi occhi ingenui; non ha mai veduto, e forse non vedrà mai, la foto di un altro bambino, ebreo, con le mani alzate e i neri occhi sgranati davanti al mitra di uno di quegli uomini con l’elmetto in testa e una smorfia di belva tranquilla in viso. La stretta di mia madre la guida verso la casa, la penombra, la sicurezza, non verso i giochi pericolosi del sole e dei bambini. Mia madre la protegge con un’espressione in volto di concentrato timore rovesciato in decisione.
Nel testo il personaggio della sorella minore è presentato attraverso l’uso di diminutivi e vezzeggiativi (evidenziati nel testo). Questa scelta stilistica ha l’effetto di :
Seleziona SI oppure NO per ogni affermazione di seguito riportata:
4. A04. Riguarda un estratto del brano appena letto :
Mia madre invece la guerra l’ha passata tutta combattendo nella sua trincea, prima nelle cantine - rifugio, poi correndo agli allarmi aerei con tutti noi verso il tunnel della Roma-Nord, poi partendo per il suo lavoro di maestra alle sei del mattino alla volta di Sant’Oreste, per cinque ore di lezione nelle gelide aule del palazzo del Vignola, pranzo portato in borsa e una minestra calda nell’Osteria degli Scarponi, poi due ore di attesa nel fumo dell’osteria o nella tramontana della valle del Tevere, la corriera, il ritorno in treno alle quindici e trenta, a Roma, e ancora a fare la misera spesa per la cena, e l’oscuramento, la breve notte, e alle sei del mattino di nuovo in piedi. Stremata, s’era infine stabilita con la minore delle sorelle a Sant’Oreste, mentre la maggiore era presso gli zii.
Nella porzione di testo sopra riportata viene rappresentata la fatica crescente delle giornate della madre.
Quali mezzi linguistici utilizza l’autore per tale rappresentazione?
Seleziona Utilizza oppure NON Utilizza per ogni affermazione di seguito riportata:
5. A05.
La parola “guardingo”, evidenziata nel testo, può essere sostituita in questo contesto con
Non so dove fossi io, al tempo della foto, forse in montagna, forse chiuso in qualche casa, o forse libero
e guardingo come un gatto selvatico. Mio padre era sempre in viaggio, con i suoi trasporti, e una volta
gli mitragliarono anche il camion che s’incendiò e lui si salvò buttandosi in un prato.
Seleziona Corretta oppure Errata per ogni affermazione di seguito riportata:
7. A07. Rileggi il tratto del brano di seguito riportato :
La guerra ci ha torturato lentamente, ma non ci ha colpito come tanti altri. Siamo sempre riusciti a scampare, a sopravvivere.
Ne è segno, non eroico, non funebre o epico, non disperato, ma aspramente prosaico, quotidianamente ribattuto nel ferro di
una resistenza isolata, questa foto con la mia piccola sorella che mi sembra addolcire il buio dei volti dei passanti e le labbra
tirate di mia madre, mentre un fotografo ambulante, un eroe anche lui della giornata sottratta alla fame e alla morte,
inquadrava nel pacifico mirino della sua macchina un autentico e per me rivelatore documento di guerra.
Considera la parte di testo evidenziata: perché il fotografo è “un eroe anche lui”?
Seleziona Corretta oppure Errata per ogni affermazione di seguito riportata:
16. A16. Unità di Comprensione del testo - leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande:
Uno che non dimenticava nulla
La cosa irritante di Shereshevsky, pensava spesso il suo direttore, era che non prendeva mai appunti. In un quotidiano non ci si possono permettere errori: il compito giornaliero andava svolto alla perfezione, senza alcuna dimenticanza. Per cui un giorno, non potendone più, il direttore di «Izvestia» additò Shereshevsky e lo rimproverò di fronte a tutti per non essersi appuntato il compito della giornata.
Il rimprovero di un direttore di giornale – in Unione Sovietica nel 1960 – è una cosa che probabilmente non lasciava indifferenti, e i colleghi del povero giornalista lo guardarono con commiserazione. Commiserazione che si trasformò in meraviglia quando Shereshevsky ripeté parola per parola il compito che l’uomo gli aveva assegnato.
Il proprio, e quello degli undici colleghi. Fu così che il giorno dopo S. si ritrovò catapultato nel laboratorio di A.R. Lurija, il più grande neurologo sovietico, che iniziò a testare la sua stupefacente memoria. La quale, almeno in apparenza, non aveva limiti.
Shereshevsky era in grado di ricordare una matrice di cinquanta numeri di quattro cifre, organizzate in quattro colonne da dodici più due numeri sparsi che gli erano stati letti ad alta voce l’uno dopo l’altro, con tre secondi di pausa dopo ogni numero. Non solo, era in grado di ripetere questi elementi:
1) esattamente nell’ordine in cui erano stati dati;
2) in ordine inverso (se qualcuno di voi lo trova facile, provi a ripetere l’alfabeto in ordine inverso e vediamo se non fate errori);
3) a zig zag, o un numero ogni tre.
Già questo sarebbe stupefacente. Aggiungeteci poi che Lurija gli richiese la stessa lista di numeri una seconda volta, qualche tempo dopo, e Shereshevsky gliela ripeté nuovamente senza errori.
Particolare: erano passati quindici anni dalla prima (ultima) volta in cui tale sequenza gli era stata letta.
La storia di Shereshevsky è stata narrata in molti libri. L’uomo aveva un’incredibile capacità di ricordare dovuta sia a caratteristiche fisiologiche che metodologiche. In primo luogo, S. soffriva di sinestesia, una condizione per cui aree deputate a diverse elaborazioni percettive elaborano simultaneamente uno stesso stimolo esterno, come se si fondessero tra loro: per esempio, vedeva i numeri pari di colore caldo e i numeri dispari di colore freddo, e ognuno aveva un colore diverso e un odore diverso.
In secondo luogo, S. usava in modo del tutto intuitivo la cosiddetta tecnica dei loci, una procedura nota sin dall’antichità (la usavano i retori romani come Cicerone) che consisteva nell’associare ogni elemento da ricordare a un luogo fisico specifico che conosciamo alla perfezione. Un po’ come appendere quadri virtuali contenenti l’informazione che vogliamo ricordare alle pareti di casa nostra, dei nostri genitori, dei nostri amici, una per parete in ogni stanza.
Purtuttavia, Shereshevsky aveva un limite. E questo limite, come avrete capito, non era la memoria.
Un giorno, Lurija dette al suo paziente una serie di cinquanta numeri piuttosto facile da ricordare:
1234
2345
3456
4567
5678
6789
7890
8901
9012
0123
E così via, ripetuto cinque volte.
Sorprendentemente, Shereshevsky impiegò per memorizzarla lo stesso tempo che impiegava per memorizzare qualsiasi altra serie di numeri di quattro cifre. Tre secondi a numero, standard. Al che Lurija chiese all’uomo se non vedeva qualcosa che potesse aiutarlo a ricordare meglio, senza fare tutto quello sforzo.
«No» rispose Shereshevsky, «non mi sembra. Non vedo niente di diverso in questa serie.»
S., che non dimenticava niente, era assolutamente inconsapevole della regolarità di quei numeri. Una volta che gli venne fatto notare, lo capì: ma il suo approccio fisiologico al problema era stato quello bovino che usava sempre. Non si era posto il problema di fare meno fatica, di cercare un significato in quello che vedeva: e, una volta che gli venne chiesto espressamente, ancora gli sfuggiva.
Shereshevsky aveva una memoria eccezionale.
Purtroppo, era un cretino.
Di fronte alla diversità di Shereshevsky il direttore del giornale decide di
21. A21.
Rileggi questo estrato del brano :
La storia di Shereshevsky è stata narrata in molti libri. L’uomo aveva un’incredibile capacità di ricordare dovuta sia a caratteristiche fisiologiche che metodologiche. In primo luogo, S. soffriva di sinestesia, una condizione per cui aree deputate a diverse elaborazioni percettive elaborano simultaneamente uno stesso stimolo esterno, come se si fondessero tra loro: per esempio, vedeva i numeri pari di colore caldo e i numeri dispari di colore freddo, e ognuno aveva un colore diverso e un odore diverso.
In secondo luogo, S. usava in modo del tutto intuitivo la cosiddetta tecnica dei loci, una procedura nota sin dall’antichità (la usavano i retori romani come Cicerone) che consisteva nell’associare ogni elemento da ricordare a un luogo fisico specifico che conosciamo alla perfezione. Un po’ come appendere quadri virtuali contenenti l’informazione che vogliamo ricordare alle pareti di casa nostra, dei nostri genitori, dei nostri amici, una per parete in ogni stanza.
Purtuttavia, Shereshevsky aveva un limite. E questo limite, come avrete capito, non era la memoria.
Un giorno, Lurija dette al suo paziente una serie di cinquanta numeri piuttosto facile da ricordare:
1234
2345
3456
4567
5678
6789
7890
8901
9012
0123
E così via, ripetuto cinque volte.
Sorprendentemente, Shereshevsky impiegò per memorizzarla lo stesso tempo che impiegava per memorizzare qualsiasi altra serie di numeri di quattro cifre. Tre secondi a numero, standard. Al che Lurija chiese all’uomo se non vedeva qualcosa che potesse aiutarlo a ricordare meglio, senza fare tutto quello sforzo.
«No» rispose Shereshevsky, «non mi sembra. Non vedo niente di diverso in questa serie.»
S., che non dimenticava niente, era assolutamente inconsapevole della regolarità di quei numeri. Una volta che gli venne fatto notare, lo capì: ma il suo approccio fisiologico al problema era stato quello bovino che usava sempre. Non si era posto il problema di fare meno fatica, di cercare un significato in quello che vedeva: e, una volta che gli venne chiesto espressamente, ancora gli sfuggiva.
Shereshevsky aveva una memoria eccezionale.
Purtroppo, era un cretino.
La storia narrata ha un punto di svolta segnato da un elemento linguistico che, anche sul piano semantico,
apre a una inaspettata reazione-risposta del protagonista. Con quale delle seguenti parole è segnata tale svolta?
24. A25. Unità di Comprensione del testo - leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande:
L’autunno ha a volte luci così terse di Giovanni Raboni, da Quare tristis
In questa poesia il poeta guarda all’autunno con stupita meraviglia.
E quando gli capita di ricordare tali immagini, l’autunno – stagione del lento spegnersi delle luci e del correre del tempo – gli pare ancor più bello della primavera.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
L’aggettivo “terse” (v. 1) che significato ha nel testo?
25. A26.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
L’espressione “atroce dolcezza” (v. 3) è un ossimoro.
Individua tra le seguenti citazioni dal testo quale altra presenta le stesse caratteristiche della figura retorica in esame e può essere definita anch'essa un ossimoro.
26. A27.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
Quale, tra le seguenti, equivale per significato all'espressione "innocue incombenze" (v.5)?
Preoccupazioni di poco conto, facilmente superabili
Incarichi importanti, senza tempo prefissato
Occupazioni lievi, senza importanza
Impegni gravosi, che non fanno male
27. A28.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
La poesia è tutta giocata su alcuni contrasti, alcuni evidenti, altri meno visibili.
Quale tra i seguenti è centrale nella poesia?
Vita che comincia - vita che si spegne
Percezione del cuore - percezione degli occhi
Autunno - primavera
Luna che sale - fulgore
28. A29.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
I verbi “stinge” e “trascolora” (vv. 8-9) sono vicini nel significato.
Con quale coppia di verbi possono essere parafrasati?
Scolorire, cambiare colore
Accendersi, prendere altri colori
Perdere lucentezza, colorarsi ancora
Spegnersi, confondere i colori
29. A30.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
Nei testi poetici l’ordine delle parole viene spesso violato, e ciò rende difficile trovare il soggetto sintattico.
Per ritrovarlo si devono cercare indizi formali, posizionali, di significato. Nella poesia qual è il soggetto dei seguenti verbi?
Associa il soggetto al verbo o ai verbi cui si lega.
30. A31.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
La poesia è fatta di tre quartine e di due versi finali;
i versi sono legati da rime secondo uno schema metrico facilmente individuabile.
Quale?
31. A32.
L’autunno ha a volte luci così terse
e, sugli alberi, rossi di così
atroce dolcezza che il cuore si
spezzerebbe vedendoli. In diverse
più innocue incombenze dunque si finge 5
assorbito e lascia che siano gli occhi
a incantarsene, a impregnarsene, sciocchi
e intrepidi come sono… Poi stinge
a poco a poco o forse trascolora
come fa, salendo, la luna, quel 10
tetro fulgore, scrudelisce
nel pulviscolo del tempo, e solo allora
uno ha il coraggio di dire quant’era
bello – più bello della primavera.
Perché alla fine della poesia il poeta parla di coraggio a proposito
di chi dice che l'autunno è più bello della primavera?
32. A33. Unità di Comprensione del testo - leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande:
Dei Timbri
Dopo la calata dei Goti, dei Visigoti, dei Vandali, degli Unni e dei Cimbri, la più rovinosa per l'Italia fu la calata dei Timbri. Erano costoro barbari di ceppo incerto, alcuni dicono autoctoni, dall'aspetto dimesso e famelico, che ispiravano più pietà che terrore. Invece di assediare le città e passarle, una volta occupate, a ferro e a fuoco, essi usavano introdurvisi a piccole frotte: senza dar nell'occhio. E vi si stabilivano a spese della comunità, rendendo piccoli servigi inutili ma che col tempo venivano ritenuti indispensabili. Ben presto ci si accorgeva che era impossibile fare qualcosa senza di loro. Né promettere, né mantenere, o andare a nozze o vendere. Portati per natura a discutere di ogni cosa e all'approfondimento implacabile e cavilloso delle più semplici leggi e costumanze, i Timbri si trovarono a possedere le chiavi di tutto. Senza la benedizione di un Timbro non si poteva nemmeno morire; e se questo vi pare assurdo, vi dirò che si poteva sì morire, ma non essere creduto.
Nel tempo furono fatte varie leggi per contenere la loro preponderanza. Ma tutte erano viziate all'origine dalla necessità che anche per rendere esecutive quelle leggi occorresse un Timbro. La moltiplicazione dei Timbri, estremamente prolifici, era anche favorita dalla pratica che questi barbari affermarono, sospettosi com'erano dei propri simili, di doversi approvare l'un l'altro. Sicché diventavano necessari in numero sempre maggiore. E ve n'erano di varia importanza, dai più umili, i Lineari, ai più imponenti, i Tondi, ma nessuno disposto a subire il predominio degli altri. Perciò feroci lotte intestine, che ancora oggi perdurano. Non è infrequente che nei pubblici uffici, allorché ritenete di aver assolto i vostri obblighi verso i Timbri, che qualcuno vi dica: Manca il Timbro Tondo, o Lineare, o Secco, o Punzone. Bisogna mettersi alla ricerca dell'assente, blandirlo, convincerlo, spesso corromperlo. La vostra identità, la vostra nascita, la vostra famiglia, i vostri beni, il semplice fatto che siete in vita, tutto è messo in dubbio dall'assenza di un solo Timbro; e così essi hanno stabilito che nessun cittadino può dirsi esistente senza il loro totale consenso. Colpita alla radice, la società patriarcale e nominale cadde preda di questi barbari, che ancora oggi governano l'Italia con il più semplice e astuto dei mezzi: ignorandola, anzi immersi nella continua contemplazione della loro forza, che nessun mutamento ha mai potuto domare; poiché è dimostrato che i mutamenti eccitano i Timbri fino al delirio. Per un po' scompaiono, ma subito tornano più forti e resistenti di prima, come succede del resto con certe specie di insetti. E sempre con nuove idee.
L'autore ci presenta dei banali oggetti della vita di tutti i giorni
come se fossero dei barbari perché, secondo lui, i Timbri
33. A34.
Dei Timbri
Dopo la calata dei Goti, dei Visigoti, dei Vandali, degli Unni e dei Cimbri, la più rovinosa per l'Italia fu la calata dei Timbri. Erano costoro barbari di ceppo incerto, alcuni dicono autoctoni, dall'aspetto dimesso e famelico, che ispiravano più pietà che terrore. Invece di assediare le città e passarle, una volta occupate, a ferro e a fuoco, essi usavano introdurvisi a piccole frotte: senza dar nell'occhio. E vi si stabilivano a spese della comunità, rendendo piccoli servigi inutili ma che col tempo venivano ritenuti indispensabili. Ben presto ci si accorgeva che era impossibile fare qualcosa senza di loro. Né promettere, né mantenere, o andare a nozze o vendere. Portati per natura a discutere di ogni cosa e all'approfondimento implacabile e cavilloso delle più semplici leggi e costumanze, i Timbri si trovarono a possedere le chiavi di tutto. Senza la benedizione di un Timbro non si poteva nemmeno morire; e se questo vi pare assurdo, vi dirò che si poteva sì morire, ma non essere creduto.
I Timbri rendevano alla comunità dei "servigi inutili ma che col tempo venivano ritenuti indispensabili" (frase evidenziata nel testo).
Con questa frase che cosa intende dire lautore?
sentiamo fortemente il bisogno sembravano allora un lusso inutile
posizioni sempre più eminenti nella società
sembravano assolutamente scontati (nascita, morte, matrimonio, ecc.)
anche per le azioni più banali della loro vita quotidiana
34. A35.
Dei Timbri
Nel tempo furono fatte varie leggi per contenere la loro preponderanza. Ma tutte erano viziate all'origine dalla necessità che anche per rendere esecutive quelle leggi occorresse un Timbro. La moltiplicazione dei Timbri, estremamente prolifici, era anche favorita dalla pratica che questi barbari affermarono, sospettosi com'erano dei propri simili, di doversi approvare l'un l'altro. Sicché diventavano necessari in numero sempre maggiore. E ve n'erano di varia importanza, dai più umili, i Lineari, ai più imponenti, i Tondi, ma nessuno disposto a subire il predominio degli altri. Perciò feroci lotte intestine, che ancora oggi perdurano. Non è infrequente che nei pubblici uffici, allorché ritenete di aver assolto i vostri obblighi verso i Timbri, che qualcuno vi dica: Manca il Timbro Tondo, o Lineare, o Secco, o Punzone. Bisogna mettersi alla ricerca dell'assente, blandirlo, convincerlo, spesso corromperlo. La vostra identità, la vostra nascita, la vostra famiglia, i vostri beni, il semplice fatto che siete in vita, tutto è messo in dubbio dall'assenza di un solo Timbro; e così essi hanno stabilito che nessun cittadino può dirsi esistente senza il loro totale consenso. Colpita alla radice, la società patriarcale e nominale cadde preda di questi barbari, che ancora oggi governano l'Italia con il più semplice e astuto dei mezzi: ignorandola, anzi immersi nella continua contemplazione della loro forza, che nessun mutamento ha mai potuto domare; poiché è dimostrato che i mutamenti eccitano i Timbri fino al delirio. Per un po' scompaiono, ma subito tornano più forti e resistenti di prima, come succede del resto con certe specie di insetti. E sempre con nuove idee.
Qual è la causa delle "feroci lotte intestine" tra i diversi tipi di Timbri (espressione evidenziata nel testo)?
37. A38. Unità di Comprensione del testo - leggi il seguente testo e poi rispondi alle domande:
Dei Timbri
Non è infrequente che nei pubblici uffici, allorché ritenete di aver assolto i vostri obblighi verso i Timbri, che qualcuno vi dica: Manca il Timbro Tondo, o Lineare, o Secco, o Punzone. Bisogna mettersi alla ricerca dell'assente, blandirlo, convincerlo, spesso corromperlo. La vostra identità, la vostra nascita, la vostra famiglia, i vostri beni, il semplice fatto che siete in vita, tutto è messo in dubbio dall'assenza di un solo Timbro; e così essi hanno stabilito che nessun cittadino può dirsi esistente senza il loro totale consenso. Colpita alla radice, la società patriarcale e nominale cadde preda di questi barbari, che ancora oggi governano l'Italia con il più semplice e astuto dei mezzi: ignorandola, anzi immersi nella continua contemplazione della loro forza, che nessun mutamento ha mai potuto domare; poiché è dimostrato che i mutamenti eccitano i Timbri fino al delirio. Per un po' scompaiono, ma subito tornano più forti e resistenti di prima, come succede del resto con certe specie di insetti. E sempre con nuove idee.
Con quale verbo si può sostituire il verbo "blandire" in "blandirlo" (evidenziato nel testo)?
38. A39.
Tra i seguenti titoli alcuni possono sostituire il titolo originario, altri no.
Indica per ognuno dei seguenti titoli se può sostituire o meno quello originario.
Seleziona Può sostituire oppure Non può sostituire per ogni proposta di seguito riportata:
40. A41. Unità di Riflessione sulla lingua
I conflitti tra i bambini e i genitori aumentano sensibilmente dopo il primo anno. Prima di questa età, l'autonomia molto ridotta del bambino permette di avere su di lui un controllo relativamente facile. Il bambino è dal canto suo più arrendevole che nel periodo successivo, proprio perché cosciente della sua impotenza e dipendenza dall'adulto e perché non ancora spinto così fortemente dalla sua biologica tendenza all'autonomia a opporsi alla volontà degli adulti.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
Le espressioni "del bambino", "il bambino" (evidenziate nel testo) si riferiscono a:
41. A42.
I conflitti tra i bambini e i genitori aumentano sensibilmente dopo il primo anno. Prima di questa età, l'autonomia molto ridotta del bambino permette di avere su di lui un controllo relativamente facile. Il bambino è dal canto suo più arrendevole che nel periodo successivo, proprio perché cosciente della sua impotenza e dipendenza dall'adulto e perché non ancora spinto così fortemente dalla sua biologica tendenza all'autonomia a opporsi alla volontà degli adulti.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
Nella frase "permette di avere su di lui un controllo relativamente facile"
(evidenziata nel testo) l'avverbio "relativamente" è un modificatore:
42. A43.
I conflitti tra i bambini e i genitori aumentano sensibilmente dopo il primo anno. Prima di questa età, l'autonomia molto ridotta del bambino permette di avere su di lui un controllo relativamente facile. Il bambino è dal canto suo più arrendevole che nel periodo successivo, proprio perché cosciente della sua impotenza e dipendenza dall'adulto e perché non ancora spinto così fortemente dalla sua biologica tendenza all'autonomia a opporsi alla volontà degli adulti.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
Nella frase "Il bambino è dal canto suo più arrendevole che nel periodo successivo"
(evidenziata nel testo) il "che":
43. A44.
I conflitti tra i bambini e i genitori aumentano sensibilmente dopo il primo anno. Prima di questa età, l'autonomia molto ridotta del bambino permette di avere su di lui un controllo relativamente facile. Il bambino è dal canto suo più arrendevole che nel periodo successivo, proprio perché cosciente della sua impotenza e dipendenza dall'adulto e perché non ancora spinto così fortemente dalla sua biologica tendenza all'autonomia a opporsi alla volontà degli adulti.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
La subordinata "a opporsi alla volontà degli adulti" (evidenziata nel testo) è retta:
44. A45.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita.
Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente
di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo
la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto.
Nel descrivere i rapporti tra adulto e bambino, vengono utilizzati aggettivi possessivi e pronomi personali che fanno
da riprese anaforiche, richiamando ora l'uno ora l'altro dei due protagonisti; seleziona Richiama l'adulto oppure Richiama il bambino
per ciascuna delle parti sopra evidenziate e riportate in tabella sottostante:
45. A46.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
Nella sequenza "la scelta se occuparsene o ignorarlo" (evidenziata nel testo), il "se" introduce due frasi implicite di tipo:
46. A47.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
Il "si" che compare nell'espressione "che si può confinare nel suo lettino" (evidenziata nel testo) è di tipo:
47. A48.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
L'espressione "piuttosto che" (evidenziata) ha nel testo una funzione:
48. A49.
La conquista del camminare, con l'aumento di autonomia che ne consegue, in parte rallegra l'adulto ma in parte lo irrita. Pur diventando di giorno in giorno più autonomo, cosa insieme desiderata e temuta, il bambino interferirà più attivamente di prima nella sua vita, lo costringerà ad occuparsi di lui anche se non ne ha voglia e non gli lascerà più come un tempo la scelta se occuparsene o ignorarlo. Il rapporto, diventato più antagonistico, eccita l'autoritarismo dell'adulto. È molto diverso aver a che fare con un bambino che si può confinare nel suo lettino, nel recinto, nel passeggino, sempre ingabbiato e sotto controllo, piuttosto che con un bambino che scorrazza per casa toccando ogni cosa, che ha una mobilità tale che gli consente di sottrarsi tanto più spesso e con maggior successo alle imposizioni dell'adulto.
Nella sequenza "ha una mobilità tale che gli consente…" (evidenziata nel testo) il "che" è: